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  • Immagine del redattoreDiego Nicola Dentico

Questo periodo da una prospettiva "maya"

Aggiornamento: 20 mar 2020


Un simpatico meme che gira in questi giorni


In quale quadrante del tempo ci troviamo?


In questi giorni ho volontariamente osservato il silenzio, ma sono stati in molti a chiedermi se ci fosse qualche #profezia Maya riguardante il periodo di #pandemia che stiamo vivendo.


Prima di approcciare qualcosa di delicato come le profezie è bene ricordare che l’atteggiamento verso questo tema dei popoli nativi è completamente diverso dalle delusioni messianiche tipiche degli occidentali. Questo non significa che sciaman* e sacerdot/esse/i tradizionali non abbiano vigilato sul dispiegarsi degli eventi nel tempo, solo che le loro osservazioni sono state molte volte fraintese (vedasi tutto il trambusto intorno al 2012) ed è quindi il caso di trattare l’argomento con molta cura.


Non è una cautela eccessiva. La disinformazione crea povertà, differenze sociali e, in ultima istanza, danno alle comunità indigene tradizionali. Viaggiando in alcuni villaggi più a contatto con i turisti è possibile vedere come non solo le tradizioni siano state irrimediabilmente corrotte da elementi estranei, ma anche come la “fame di spiritualità” di occidentali guidati da conoscenze equivocate (o, peggio, inventate di sana pianta) ha portato alla #gentrificazione di alcuni territori tradizionali nei quali attualmente esistono fancyssimi ristoranti vegani (e costosissimi corsi di yoga) nel centro del pueblo, ovviamente in mano agli stranieri, mentre la popolazione nativa vive in periferia in quanto la vita costa meno.


Mi piacerebbe quindi cogliere il momento per fare un po’ di chiarezza e provare, allo stesso tempo, a fornire qualche consiglio simile a quello che darebbero le abuelas curanderas del Guatemala.


Siamo cresciuti all’interno di una cultura giudaico-cristiana, educati ad una percezione del tempo lineare che ci ha fatto sempre pensare ad una “apocalisse” come fine di ogni cosa coincidente con il ritorno di un “salvatore” che in un modo o nell’altro viene sempre dall’esterno. Nel passato si attendeva la seconda venuta di Cristo con lo stesso fervore da focolarini che osservo al giorno d’oggi in gruppi che aspettano il ritorno degli Annunaki, di Donna Bisonte Bianco o di #Quetzalcoatl (ay ay!)


I popoli mesoamericani hanno sempre avuto un approccio molto pratico alla vita e una visione dello spazio-tempo spiraliforme (chiamato #Najt dai Maya) in cui gli eventi, ma soprattutto le emozioni collegate a certi eventi tendono a ripetersi ritmicamente. Per questo ogni passaggio da un ciclo temporale a un altro non era temuto, bensì onorato al fine di evitare di riproporre le memorie disfunzionali ereditate (o lasciate nel livello energetico della realtà) dai nostri antenati.


Il maestro Xochipilli - Quetzalcoatl fiorito

I calcoli calendariali aztechi (che poi sono gli stessi dei Maya ma con una sfumatura interpretativa leggermente diversa) ci dicono che a partire dal 2012 siamo entrati in un periodo di transizione dal Quinto al Sesto Sole, ovvero da un’epoca all’altra. Questo passaggio, secondo la calendarica mexica, terminerà nel 2021, ed è collegato all’elemento terra, pertanto porterà “terremoti”.


I terremoti a cui si fa riferimento non sono necessariamente di ordine fisico, in quanto il “Tonal”[1]di questo passaggio temporale è “Ollin”[2]che si traduce letteralmente come “movimento” e si traduce in un terremoto di natura interiore e, conseguentemente, economico-sociale.


Secondo la mistica calendariale Maya, ad ogni cambio di Baktun(periodi di circa 400 anni, l’ultimo passaggio è stato nel famoso 21 dicembre 2012) segue un periodo di 20 anni (chiamato K’atun) in cui vengono seminate le emozioni che influenzeranno maggiormente nei 380 anni successivi. Pertanto questo tempo ci chiama alla responsabilità verso noi stessi e verso le future generazioni.


Qual è quindi la maniera più matura per approcciare il tema delle profezie?

Io credo che sia domandarsi quale visione vogliamo materializzare nel futuro e come possiamo onorarla. Ovviamente tenendo presente che la pandemia che stiamo vivendo non solo ci ricorda singolarmente che siamo mortali, ma anche che le strutture economiche e sociali che abbiamo sempre dato per scontate sono decisamente fragili.


Disciplina, preghiera e cerimonia

Se qualcuno si rivolgesse agli abuelos della tradizione chiedendo consiglio su cosa fare in questo periodo, sono sicuro che la risposta sarebbe questa: “Prega, contempla, digiuna e offri cerimonie”.


“I Nahuales vivono nel fuoco e nel nostro sangue”


La contemplazione è probabilmente la prima pratica “spirituale” che i nativi vicini alla tradizione ancestrale sviluppano in maniera naturale.


I Maya parlano poco e ascoltano molto come attitudine culturale e noi possiamo rieducare la nostra percezione partendo da un momento di silenzio e di ascolto.


Seduti in una posizione comoda apriamo la pratica con tre respiri profondi, dopo i quali lasciamo che il ritmo dell’aria proceda in una maniera naturale. Chiudiamo gli occhi e ci rendiamo conto.


Ci rendiamo conto che stiamo respirando, ci rendiamo conto che la nostra mente è come un campo in cui vengono interrati i pensieri, ma che non siamo i nostri pensieri. Osserviamo come sia stata seminata la paura nel campo della nostra mente e, senza giudicarla, decidiamodi piantare la fiducia, la speranza, la pace.


Ci rendiamo conto che nel nostro corpo c’è un cuore che batte sul quale i nostri Sette Pappagalli, Wuqub Qaqix (l’ego) non hanno nessun potere decisionale. Dentro di noi esiste un sistema digestivo sul quale il nostro ego non ha nessun controllo; le nostre cellule nascono, si riproducono e muoiono senza il nostro controllo e così via...


In via definitiva non abbiamo fatto nulla né per meritare né per avere un corpo che sogna, eppure lo abbiamo. Già questa contemplazione aiuta a far sorgere la gratitudine, alimento fondamentale di qualunque preghiera, rituale o pratica.


Esiste un’intelligenza, un potere cosmico che i nostri antenati hanno disegnato come dee e dèi (o glifi del Tempo), che dà forma alla nostra percezione.


Quando sentiamo l’azione dell’intelligenza dentro di noi possiamo aprire gli occhi e contemplare, con la vista (se siamo sul balcone o in natura) o con l’immaginazione, la stessa intelligenza all’opera in tutto ciò che ci circonda. I medesimi processi di cui abbiamo preso coscienza dentro il nostro corpo sono all’opera fuori, nella realtà consensuale.


La contemplazione allevia il dialogo interiore e ci permette di rilassarci osservando le cose per ciò che sono. Vale la pena rilassarsi e avere fiducia nel Nahual.


È in questo stato di silenzio che una voce interiore, molto più profonda e ampia della voce gracchiante dei Sette Pappagalli, ci parla. È partendo da uno stato di silenzio e di calma che possiamo chiederci realmente: che visione voglio manifestare nel mondo?


“Che siano buone la vita e l’esistenza che ci consegnate”


La preghiera è una parte fondamentale della tradizione Maya, tanto ancestrale quanto moderna. Riconnette con le tre radici spirituali dell’esistenza umana, ovvero gli antenati, la natura e il Mistero.


La preghiera avviene in un luogo definito, un altare su cui compaiono le immagini dei santi e dei Nahuales che si pregano, ma ogni forma va bene.


Mi è personalmente capitato di incontrare altari su cui spiccavano allo stesso tempo divinità preispaniche, spiriti africani, cristi e bodhisattva vari ed eventuali, per dare il benvenuto alla preghiera di chiunque secondo i simboli della propria tradizione spirituale. Molti praticanti, semplicemente, allestiscono un tavolo su cui rappresentano i quattro colori (o i quattro elementi, qualora ci si volesse ricollegare alla spiritualità occidentale) della “ruota di medicina”. Esistono molte forme di preghiera e i metodi sono vari quanto le persone che li applicano.


Nel mondo Maya la preghiera include una parte di meditazione, ovvero di silenzio della mente, una parte di orazione (che si apre e si chiude tassativamente con un momento di gratitudine) e una parte di offerta, che può essere rappresentata da una candela (elemento fondamentale), del tabacco (particolarmente gradito dagli antenati), del liquore o del profumo (amati dai Rajawales, gli spiriti della natura) e dell’incenso (la parte più sottile, che fa da ponte con l’invisibile).


L’atto di offrire ha come obiettivo quello di materializzare il potere in questa realtà. L’offerta non è mai da considerarsi in un’ottica do-ut-des, ma in un’ottica di nutrimento della relazione con le forze. L’altare su cui si svolgono le pratiche ha uno scopo “magico”, ovvero creare una rappresentazione esteriore dell’universo interiore. Quando facciamo un’offerta stiamo contattando delle forze che sono esterne e interne alla “nostra” coscienza in quanto nello sciamanesimo dentro e fuori sono collegati da un rapporto di interdipendenza.


La preghiera è un dialogo che nasce dal profondo, in cui il linguaggio è parola fiorita che esce dagli schemi di una modalità d’espressione quotidiana, evita i termini scontati e le frasi fatte, mette direttamente in relazione il potere della mente e quello del cuore.

Gli spiriti non disdegnano richieste materiali… anzi, nelle comunità indigene è raro che qualcuno si rivolga a loro alla ricerca di un’elevazione personale a cui normalmente si accede attraverso l’arte della contemplazione.


In questo momento è importante chiedere ai nostri antenati di mettersi a nostro favore, di proteggere i clan familiari e di disporre tutto affinché il nostro proposito di vita si possa rivelare e sviluppare.


Il proposito di vita è una parte integrante della tradizione Maya, ricercarlo e attuarlo conduce direttamente allo stato di utz’ k’aslem, ovvero di “buon vivere”.



“Ixmucané, nonna del sole, nonna della luce! Che venga il chiarore e segua l’aurora!”


Disciplina è un’altra parola chiave delle tradizioni mesoamericane. I Maya praticavano, specialmente nel periodo pre-classico, autosacrifici che consistevano in digiuni o nell’offerta del proprio sangue estratto dalle orecchie o dalla lingua.


Ovviamente non sto consigliando nessuna di queste pratiche.


Quando parlo di disciplina, soprattutto in questo periodo storico che siamo soggetti a misure restrittive, mi riferisco alla determinazione con cui possiamo abbracciare uno stile di vita sano, dedicare un tempo quotidiano alla ginnastica, allo yoga, alla contemplazione e alla preghiera, all’igiene energetica dei nostri pensieri.


Facciamo attenzione al genere di film che decidiamo di vedere, ai libri che scegliamo di leggere, alla quantità di tempo che dedichiamo alla TV e di quella che invece ritagliamo per coltivare la creatività.


Rimanendo confinati in casa è facile cedere alla noia e affidarsi a passatempi multimediali di vario genere. È comprensibile e non c’è nulla di male, ma è importante vigilare per non cadere in un’esistenza distratta. Come appare nelle Huehuetlatolli (l’Antica Parola):


“Bisogna fare attenzione alle cose mondane, perché cresce rapidamente ciò che ingrassa, ciò che tormenta, che porta fatica, ciò che provoca spavento.”


Abbiamo un’ottima opportunità di utilizzare questo tempo per creare delle abitudini positive che seguiranno anche dopo la fine dello stato d’emergenza.


Cerimonie per il nuovo tempo


Ho già accennato al fatto che secondo la visione indigena mesoamericana la struttura del Najt è a spirale. Questo non significa necessariamente che siamo obbligati a rivivere in cicli eterni gli echi di avvenimenti passati.


Attraverso la cerimonia possiamo intessere nell’arazzo del Najt fili luminosi per noi stessi e per le comunità in cui siamo chiamati ad agire. Nel prossimo periodo ci saranno delle date di particolare interesse per offrire cerimonie dall’intento specifico.


Ognuno può elaborare le cerimonie secondo quella che è la sua tradizione di riferimento. Qui di seguito cito le date più efficaci indicate dal calendario e poche righe per esprimere le frecce di intento che possiamo porre nel nostro fuoco.


Inspiro.


Sollevo le mani verso l’alto, immaginando di poter catturare tutti i corpi celesti e concentrarli in un solo punto luminoso. Uk’u’x Kaj. Cuore del Cielo.


Espiro.

Le mani scendono, porto il Cuore del Cielo al mio cuore. Sono uno con l’Immaginazione Infinita del Cosmo.


Inspiro.


Apro le mani e le allargo verso il basso immaginando di poter abbracciare tutto il potere del mondo tellurico e degli alleati in forma animale. Uk’u’x Ulew. Cuore della Terra.

Espiro.


Le mani salgono, porto il Cuore della Terra al mio cuore. Sono uno con l’Amore Infinito del Cosmo.


Inspiro.


Le mani si aprono come ali a entrambi i lati del mio corpo.


Condivido il mio cuore con il Cuore di Tutti gli Esseri visibili e invisibili.


Sono uno con il Potere Infinito del Cosmo.


25 marzo 2020, 3 B’atz’

Sono l’artigiano che dà forma al tempo, l’artista della vita che sa godere dell’ozio creativo e tessere nuove visioni e relazioni.

In questa giornata offro a Tz’acol-B’itol, Madre e Padre della Vita, fili colorati, miele, opere d’arte nate dal mio ingegno per dare forma al mondo in cui desidero vivere.

Intreccio nuove relazioni, un passaggio privo di traumi e di crisi, da una società a forma piramidale ad una visione circolare della vita e delle interazioni tra gli esseri umani e la Creazione. Che siano i cerchi radunati intorno al fuoco, che siano i canti per gli spiriti.

Insieme ricamiamo un nuovo dialogo con la Madre Terra.


22 aprile 2020, 5 Kawoq

La comunità io sono. Mi apro alle acque ispiratrici di Chaac, il dio della pioggia. Offro quarzo bianco, luce condensata, e acqua.

Benedico le comunità in cui regna la carestia. Invoco benedizioni sulla mia famiglia, sulla stirpe da cui provengo e suoi miei discendenti.

Chiedo allo Spirito che la pioggia e l’acqua non possano mai mancare. Per quanto torrida possa essere l’estate attesa, che nessuno soffra la sete.


16 maggio 2020, 3 Aq’ab’al

Faccio silenzio dentro di me, offro il riflesso che osservo nello specchio opaco di Tezcatlipoca, ricordando che non sono immagine, ma pura attenzione. Io sono lo specchio forato da un lato all’altro.

Offro l’apertura dell’occhio interiore, ascolto il sussurro del sogno. Porto alla luce la natura autentica delle cose, a partire dalla mia.

Cadano le maschere, sia illuminato ciò che è ancora oscuro.


6 giugno 2020, 11 K’at

Io sono la rete delle relazioni, il ragno che tesse la percezione del reale con la seta che ha dentro.

Mi autorizzo affinché il seme del mio potenziale possa germinare e crescere. Che la mia presenza sia un chicco di mais giallo in una cesta di grani arcobaleno.

Possano le semenze morire a sé stesse, rinascere consapevoli della radice in Madre Terra, crescere come milpa nutriente con lo sguardo fisso alle stelle.


“Buona vita e utile esistenza” è uno dei saluti tradizionali dei Maya dell’antichità e questo periodo di contenimento è utile per riconnettersi con la propria utilità e iniziare la ricerca del proprio posto nel grande cerchio di relazioni che è la vita.



  1. [1]Equivalente mexica del Nahual maya. [2] Noj o Caban per i Maya.

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